Last Day of June

Non chiamatelo walking simulator. Ecco, l'ho detto. La mia più grande paura era questa: che dopo una toccante preview la storia di Carl e June si risolvesse così -in una visione artistica tanto intima quanto autoreferenziale, con il giocatore quasi ospite in un giardino privato nel quale ammirare tutto ma non toccare nulla. Così non è. Ditelo chiaro e tondo, ditelo forte -perché Last Day of June minaccia non solo di trovare il punto giusto, giustissimo, fra gameplay e narrazione, ma di riuscire pienamente a trasformare la narrativa stessa in una componente di gioco.

Ma andiamo con ordine. Su questo titolo ho già scritto forse più del necessario, con alcuni spoiler dei primi minuti di gioco, in occasione dell’anteprima presso gli studi di 505 Games in cui gli sviluppatori hanno mostrato uno il trailer di lancio: dal punto di vista grafico Last Day of June si conferma semplicemente stupendo, con un eccezionale gioco di colori e saturazione a sottolineare il differente impatto emotivo fra il cupo presente di Carl e le sue memorie dei momenti passati con June.

Splendida anche la gestione della profondità di visuale, gestita ora con un effetto mosaico composto da sfocature degne di un quadro impressionista, dove l’accompagnamento di musiche dolci e malinconiche ricorda tantissimo le atmosfere già presenti in Life is Strange. Il tutto, insomma, crea una atmosfera perfetta per andare a realizzare le tematiche principali del gioco: la dualità fra stress e ricordi, il rimpianto, l’elaborazione del lutto.

"Cosa saresti disposto a fare per salvare la persona che ami?"

Un momento perfetto, quello della gita al lago in un giorno di autunno (sfondo alla schermata iniziale e primo attimo del gioco), diventa un vortice in cui annegare. Uno stress postraumatico da cui uscire, fatto di ricordi cristallizzati e rimpianti. Nei panni di Carl il giocatore sarà chiamato ad elaborare la perdita attraverso la miracolosa capacità di riplasmare gli attimi che hanno circondato la tragedia -intervenendo sugli eventi che hanno contribuito involontariamente a causare l’incidente di quel fatidico giorno.

Come? E’ presto detto. La tragedia di June pesa come un macigno, e Carl ne esamina ogni angolo fino a trovare la risposta al fatidico “perché?”. Se ogni azione ha una causa, il destino è un fiume che scorre lento ma sicuro e il gameplay di Last Day of June consiste nell’individuarne il percorso per deviarlo verso i propri scopi: attraverso quattro capitoli dedicati ad altrettanti personaggi cruciali, il giocatore dovrà muoversi fra le rispettive storie cercando di individuarne i punti salienti, le scelte importanti, di modo da trovare una combinazione, fra tutte le scelte possibili, che possa ostacolare un concatenarsi di eventi  fino all’incidente e salvare così June.

L’illustrazione degli snodi narrativi, e il riassunto delle scelte intraprese, è resa visivamente da un piacevolissimo sistema di carte che sottolinea ancora la lotta col destino nel suo ricordare la lettura dei tarocchi. Dismessi i panni di uno dei quattro personaggi e scelta così la sua storia nel giorno della tragedia, il gioco procede a mostrare le conseguenze narrative delle nostre decisioni.

Quella di Last Day of June, tuttavia, è una partita furba da giocarsi contro un destino ostile: per più volte Carl riuscirà a salvare June, solo per vedere la stessa tragedia svolgersi ancora, questa volta per cause diverse. Il semplice sistema di carte nasconde infatti un tortuoso labirinto narrativo in cui i vari capitoli si intrecciano senza offrire una soluzione univoca apparentemente chiara –un vero e proprio puzzle game, genere a cui appartiene il titolo, Jenga narrativo in cui il giocatore dovrà districarsi fra pezzi rimossi, implicazioni sorprendenti, ed equilibri instabili.

Insomma: è facile entusiasmarsi con simili premesse. L’alchimia fra art design, colori, e musiche di accompagnamento è a dir poco poetica e perfettamente capace di sostenere la complessità -e la dualità- dei temi trattati. Last Day of June non promette di essere un titolo lunghissimo (stiamo parlando di sei ore di gioco), ma si tratta di una durata più che giusta per le meccaniche e la storia trattata.